Varie forme di manipolazione: la manipolazione collettiva
Pensare è molto difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica. La riflessione richiede tempo, perciò chi riflette già per questo non ha modo di esprimere continuamente giudizi – Carl Gustav Jung
La citazione di Jung aiuta ad introdurre la spiegazione di un fenomeno tanto semplice quanto inconsapevole alla coscienza sociale: la manipolazione delle masse per mano di varie forme di comunicazione alla quale fanno ricorso tutti coloro che hanno interesse a controllare una comunità o un popolo.
Come funziona? Semplice!
Attraverso la comunicazione di massa ed un costante ed incessante martellamento di informazioni RIPETUTE ED ALTERATE….
SI, ALTERATE ma in maniera dissonante… in modo da creare CONFUSIONE, DISORIENTAMENTO, INSICUREZZA E ISOLAMENTO. Di fatto rendendo il popolo debole e dipendente da un’unica fonte di riferimento che non sia la propria coscienza critica.
La manipolazione psicologica non è solo un processo psicologico, ma è un processo comunicativo (Zimbardo, 2008): un bravo comunicatore è colui che riesce a veicolare messaggi semplici, anche se profondi e sorprendenti, concreti e credibili, facendo leva sui fattori emotivi e con una modalità narrativa facilmente riproducibile.
Qui, poi, intervengono tutta una serie di reazioni a catena che si possono spiegare a partire dagli studi della Social Cognition, una corrente di studio che ha analizzato approfonditamente il modo in cui funziona la mente “sociale” e come gli individui pensano e si relazionano con gli altri e con gli eventi sociali.
- Una famosa legge psicologica dice che il movimento verticale della coscienza riflessiva viene impedito in seguito al diretto e massiccio coinvolgimento affettivo del soggetto
Questo vuol dire che più le argomentazioni e i modi di comunicare puntano ad attivare
emotivamente le persone meno queste potranno “ragionare” in maniera critica. Persone attivate emotivamente mettono in funzione meccanismi di protezione come il risparmio energetico del pensiero. E qui si introduce il punto 2.
- Euristiche e Bias
Strategie di pensiero comuni a tutti gli esseri umani (tutti “pensiamo” in questo modo, chi più chi meno) nell’atto di emettere un giudizio o di prendere decisioni o di cercare soluzioni sono individuate nelle euristiche.
Le euristiche sono procedimenti mentali intuitivi, e sbrigativi, scorciatoie mentali, che permettono di avere un’idea generica su un argomento senza effettuare troppo sforzi cognitivi. Sono strategie veloci utilizzate di frequente per giungere presto a delle conclusioni.
Nel 2002 Kahneman e Frederick proposero (o teorizzarono) che l’euristica cognitiva avvenisse mediante la sostituzione dell’attributo, che avviene senza essere consapevoli. In base a questa teoria, quando qualcuno esprime un giudizio complesso da un punto di vista inferenziale, risulta essere sostituito da un’euristica che è un concetto affine a quello precedente ma formulato più semplicemente.
Le euristiche sono strategie di pensiero, scorciatoie, per risolvere un problema o prendere decisioni più velocemente comode e rapide estratte dalla realtà.
Esempio: se vediamo un fiore con stelo, petali ecc. riconosciamo subito di cosa si tratta anche se magari non sappiamo di quale tipologia di fiore si tratta, velocemente.
Sono state studiate varie tipologie di euristiche del pensiero e le più comuni sono:
euristiche del giudizio (euristica della rappresentatività, della disponibilità, della simulazione, dell’ancoraggio e dell’accomodamento) in sostanza ci dicono che come individui tendiamo a classificare un oggetto o una persona in base ai concetti che culturalmente ci sono stati trasmessi dalla famiglia e dalla comunità, trascurando inconsciamente tutti gli elementi concreti che invece ci direbbero molto di più rispetto a quella persona o cosa. Ci dicono che siamo portatati a vedere le cose partendo da esperienze passate di simili caratteristiche e accomodando la stessa visione in base ad esse.
Esempio: “Sono andata a cavallo 5 volte. Sono caduta malamente una volta. Sono cresciuta pensando che fosse sbagliato andare a cavallo. Giudizio attuale: non si deve andare a cavallo perché è facile cadere, è pericoloso ed è inutile”.
euristiche orientative: (euristica del riconoscimento, del conformismo sociale e della desiderabilità sociale) queste euristiche ci dicono che generalmente scegliamo qualcosa che ci è piu familiare (anche se non è detto che la vogliamo realmente o che sia la migliore per noi: vedi marketing pubblicitario), e che generalmente si assumono comportamenti simili a quelli della società in cui si vive e questo spesso può sottomettere lo sviluppo della propria individualità relegando agli altri la responsabilità delle proprie azioni.
Ben diversa è il concetto di bias cognitivi sono euristiche inefficaci e logorate, non basate su dati di realtà.
I bias sono particolari euristiche usate per esprimere dei giudizi, che alla lunga diventano pregiudizi, su cose mai viste o di cui non si è mai avuto esperienza
Bias , come termine, deriva dall’ inglese. Trae origine dal francese provenzale biais, e significa obliquo, inclinato.
Inizialmente, si diceva di un tiro storto nel gioco delle bocce. Nella seconda metà del 1500, il termine bias, assume un significato più vasto, infatti sarà tradotto come inclinazione, predisposizione, pregiudizio.
Si tratta, il più delle volte di errori cognitivi (es. ipergeneralizzazione, pensiero dicotomico, Minimizzazione o Massimizzazione, Personalizzazione, etc.) che hanno conseguenze spesso negative sulla vita di tutti i giorni.
Quindi, i bias non sono altro che costrutti non del tutto corretti perché fondati su percezioni errate o deformate, su pregiudizi, su ideologie, quindi niente da sottoporre al giudizio critico.
Da queste deformazioni del pensiero nascono tutta una serie di pregiudizi che portano a vere e proprie discriminazioni senza fondamento come, ad esempio, il razzismo e l’omofobia.
Ora,
tenuto conto che già il cervello umano per questioni di economia adattiva deve utilizzare delle EURISTICHE,
tenuto conto del forte coinvolgimento emotivo che argomenti come la salute fisica, l’incolumità della persona e la sicurezza personale hanno sulla popolazione non risulta molto complicato dedurre il risultato finale.
Riflettiamo ora su tutti i messaggi e le informazioni “martellanti”, ripetitivi e contrastanti che accomunano questo periodo storico ad altri della storia recente.
Ma il risultato più rischioso non è l’essere manipolati di per sé e il non esserne consapevoli, già abbastanza limitante nella propria libertà e nel rispetto dei diritti umani.
Il fattore più rischioso sta negli EFFETTI individuali e sociali della manipolazione:
LA PROFEZIA CHE SI AUTO AVVERA!
William Thomas, sociologo americano, ha postulato la Teorema di Thomas nel 1928, secondo la quale le conseguenze di una determinata situazione diventano reali negli individui che presentano dei pregiudizi a riguardo. Gli atteggiamenti e i comportamenti di questi individui, infatti, saranno volti a ricercare coerenza nella realtà e pertanto saranno viziati dai propri pregiudizi.
La profezia che si autoavvera si verifica nel momento in cui un individuo altera il proprio comportamento affinché si verifichino degli effetti futuri che sono stati preventivamente predetti, al fine di contrastare l’ansia e il timore per gli eventi futuri non prevedibili.
Concludo con una citazione tratta da un articolo di una fidata fonte web che è Stateofmind:
“Non è necessario credere in una fonte sovrannaturale del male: gli uomini da soli sono perfettamente capaci di qualsiasi malvagità”.
Attenzione a non essere autori inconsapevoli delle nostre “disgrazie”, ma rendiamoci attori consapevoli e critici della realtà circostante.
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